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02 febbraio 2020 Cum-Ex, la maxi frode da spy story che ha sottratto 63 miliardi al Fisco



Un'inchiesta giornalistica ha scoperchiato uno schema truffaldino ai danni del Fisco di diversi stati europei.

2 febbraio 2020

Cum-Ex, spy story o realtà?

Al momento si tratta solamente di un’ipotesi di reato, di un processo in corso di svolgimento a Bonn su una presunta frode perpetrata ai danni del fisco di diversi stati europei, Germania, Francia e Italia in primis. Se il processo dovesse confermare le ipotesi di reato e condannare i presunti colpevoli, è probabile che anche gli altri stati seguiranno la strada del fisco tedesco e proveranno a rientrare dei loro soldi. La presunta truffa, chiamata Cum-Ex, avrebbe coinvolto centinaia di persone solo in Germania. A svelare la truffa e la sua complessa architettura sono stati un pool di 39 giornalisti di 16 quotidiani e riviste europee (tra i quali la tedesca Die Zeit e Repubblica), che hanno lavorato su 180 mila pagine di documenti consegnati loro da una fonte anonima. Si stima che la truffa abbia consentito all’organizzazione di risparmiare ben 63 miliardi di euro di mancate tasse pagate su operazioni finanziarie. Il processo di Bonn, iniziato a settembre e che dovrebbe arrivare a sentenza nelle prossime settimane, vede alla sbarra due uomini d’affari britannici, Martin Shields di 41 anni, e Nicholas Diable di 38 anni, accusati di aver truffato il fisco tedesco quando lavoravano come trader per la banca tedesca HypoVereinsbank. I due avrebbero sottratto all’erario della Germania 450 milioni di euro, ma sono solo due ingranaggi di un sistema più ampio, che coinvolge oltre 400 persone.


Come funziona la truffa Cum-Ex.

Lo schema di truffa ricostruito dal pool di giornalisti è piuttosto complesso ed è un’evoluzione dello “schema Cum-Cum”, una pratica che si fonda sulla possibilità di ottenere rimborsi sulle tasse pagate sui dividendi.

In pratica, i partecipanti allo schema “Cum-Ex” ricevevano rimborsi dall’erario per tasse mai pagate, facendo circolare le azioni di una società quotata in Borsa tra tre diversi soggetti.

La truffa aveva un’architettura complessa e, come detto, coinvolge tre diversi soggetti: un investitore A che detiene azioni di una società prima del pagamento del dividendo; un secondo investitore B che ordina l’acquisto (allo scoperto) delle azioni della stessa società sempre prima del dividendo; e un terzo soggetto C che vende le azioni all’investitore B. Al momento del pagamento dei dividendi (per ipotesi, 1 milione di euro), la società quotata in Borsa versa nelle casse dell’investitore A la cifra di 750 mila euro, mentre i restanti 250 mila vengono dati all’erario per le tasse sui profitti (in Germania del 25% su quanto guadagnato).

L’investitore A, però, riceve un certificato che, a determinate condizioni, gli consente di recuperare le tasse pagate sui dividendi sotto forma di rimborso dallo stato. Una volta incassato il dividendo, A vende le azioni a C per una cifra inferiore al valore iniziale poiché il dividendo è stato già pagato. A questo punto le azioni vengono girate a B, che le aveva precedentemente ordinate, ma C è costretto a darle dei soldi come integrazione per pareggiare il minor valore delle azioni. L’investitore B, avendo acquistato formalmente le azioni prima dello stacco del dividendo, riceve dall’erario un certificato come compensazione delle tasse pagate su dividendi mai ricevuti.

Alla fine del “giro”, B vende le azioni ad A, facendo tornare il sistema al punto di partenza.
Al termine di questo complicato tourbillon di vendite e acquisti di azioni, i tre investitori si ritrovano esattamente come al punto di partenza, ma avranno ricevuto dallo stato due certificati di rimborso da 250 mila euro ognuno pur avendo incassato le tasse sulle transazioni finanziarie in una sola occasione. Ripetendo questa operazione più volte e su diverse società quotate in Borsa è facile intuire che è possibile ottenere rimborsi di milioni o miliardi di euro senza aver tirato fuori un centesimo.


Chi sono le nazioni colpite dalla truffa Cum-Ex

La gran parte dei 63 miliardi che sarebbero stati generati dallo schema truffaldino è stata sottratta alle casse dell’erario tedesco. Secondo i dati dell’inchiesta, il fisco della Germania avrebbe subito danni per 30 miliardi di euro. Il secondo stato a lamentare l’ammanco di cassa maggiore è la Francia, con mancati incassi per 17 miliardi di euro, seguita dall’Italia. Se le accuse dovessero essere confermate dal tribunale federale di Bonn, il Fisco italiano potrebbe reclamare ben 4,5 miliardi di euro di mancate tasse su operazioni finanziarie.



Per Europa Federale
Marco Fumagalli, responsabile alle P.R.



 
 
 
 

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