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26 settembre 2025 Flottiglia per Gaza e il caso ONU:

propaganda, ipocrisia e verità negate

La recente iniziativa della cosiddetta “Flottiglia per Gaza” ha riacceso il dibattito politico e mediatico su Israele, Palestina e il ruolo dell’Europa.
Presentata come una missione umanitaria, questa operazione navale ha visto la partecipazione di oltre 300 attivisti provenienti da 44 Paesi, tra cui anche parlamentari italiani.
A bordo delle imbarcazioni partite da Barcellona, si sono imbarcati esponenti di partiti come il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra.

Dietro la retorica dell’aiuto umanitario, però, si cela una piattaforma ideologica che molti ritengono ambigua e pericolosa.

I leader di centrosinistra – Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli – hanno convocato una manifestazione per il 7 giugno a Roma, denunciando presunti “crimini di guerra” da parte di Israele.

Le loro dichiarazioni, tuttavia, sembrano ignorare o minimizzare il massacro perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023, quando centinaia di civili israeliani furono brutalmente assassinati.

Questa posizione, che si traduce in manifestazioni contro Israele e in sostegno implicito alla causa palestinese, rischia di legittimare l’azione di gruppi terroristici.

È lecito domandarsi se tale atteggiamento non rappresenti una forma di complicità ideologica, mascherata da attivismo umanitario.

Quando si scende in piazza per denunciare un conflitto, è necessario farlo con equilibrio e condannare con la stessa forza ogni forma di violenza, sia essa israeliana o palestinese. Invece, si assiste a una narrazione unilaterale che ignora le responsabilità di Hamas e la sua strategia di usare la popolazione civile come scudo umano.

A rendere ancora più evidente la polarizzazione ideologica è quanto accaduto all’ONU durante il discorso del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
Diversi rappresentanti diplomatici hanno abbandonato l’aula in segno di protesta, un gesto che, al di là della sua teatralità, solleva interrogativi sulla dignità e sull’imparzialità di chi dovrebbe rappresentare la comunità internazionale.

In un contesto civile e razionale, le opinioni si ascoltano e si giudicano sulla base di prove, non si respingono con gesti plateali.

La situazione in Palestina è tragica, ma non può essere letta solo come una conseguenza dell’azione militare israeliana.
Hamas ha deliberatamente scelto la via del conflitto, e la popolazione palestinese, se davvero contraria al terrorismo, avrebbe dovuto dissociarsi apertamente e permettere a Israele di neutralizzare la minaccia.
Non avendolo fatto, si è resa complice, e le conseguenze – per quanto dolorose – sono il frutto di una scelta politica e ideologica.

In questo contesto, il ruolo della stampa internazionale e italiana appare tutt’altro che neutrale. I principali media sembrano aver abbandonato ogni pretesa di obiettività, alimentando una narrazione distorta che parla di “genocidio” senza fondamento.

Questo termine, carico di significato storico e giuridico, viene usato con leggerezza e strumentalizzato per destabilizzare l’opinione pubblica e screditare l’operato di Israele, che sta semplicemente esercitando il proprio diritto all’autodifesa dopo un attacco terroristico senza precedenti.

A conferma della natura farsesca della flottiglia, proprio in queste ore si apprende dai notiziari che almeno 30 partecipanti hanno deciso di abbandonare l’iniziativa. Ufficialmente, la motivazione sarebbe legata a problemi di mal di mare, ma è evidente che molti di loro si sono resi conto della strumentalizzazione politica in atto.

Un copione già visto, come nel caso dell’abbandono di una partecipante dopo il primo presunto attacco con droni, episodio che ha sollevato più dubbi che certezze.

Infine, è doveroso interrogarsi sul ruolo dell’Europa.
Mentre l’Iran, principale sponsor di Hamas, resta a guardare, l’Unione Europea si divide tra chi sostiene la Palestina e chi difende Israele.
Ma è davvero compito dell’Europa intervenire in un conflitto acceso da attori esterni? Forse no. Forse è tempo che l’Europa torni a essere arbitro e non parte, e che smetta di farsi strumentalizzare da chi usa la solidarietà come arma politica.

Il presidente di Europa Federale
Trej Giuseppe



 
 
 
 

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