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26 dicembre 2006 Prodi ha mangiato il tanto agognato panettone.

Alla fine, dunque, Romano Prodi ha mangiato il tanto agognato panettone natalizio e il suo governo potrà brindare al nuovo anno grazie al superamento dello «scoglio» Finanziaria.

Ma è stato un panettone amaro, quello del Professore; e sarà un brindisi mesto, quello dei suoi ministri.

Che le cose, per l'esecutivo unionista e per la maggioranza, non vadano a gonfie vele non lo dicono soltanto i rappresentanti dell'opposizione e i sondaggi, ma anche - e in misura sempre crescente - esponenti autorevoli del centrosinistra.

Ultimo, in ordine di tempo, il segretario Ds Piero Fassino, che in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera fa venire al pettine i nodi che rischiano di stringere il governo in una morsa letale, logorandolo giorno dopo giorno e soffocandolo sotto il peso delle sue contraddizioni interne.

Su tutto, quello che maggiormente preoccupa Fassino per le sorti dell'esecutivo, e di cui la tormentata vicenda della Finanziaria è un caso emblematico, è la mancata «condivisione delle scelte».

Non si tratta, dunque, solo di una questione di errori di comunicazione, riconosciuti anche dal presidente del Consiglio dopo le contestazioni subite a seguito della manovra economica.

Non è solo un problema di marketing e di propaganda a mettere il governo in difficoltà, ma un problema più profondo, di politica e di visione complessiva dell'azione di governo.

Che il segretario del primo partito della maggioranza si spinga ad affermare che manca una strategia condivisa la dice lunga su quello che è lo stato di salute dell'Unione e dell'esecutivo prodiano.

Come pure indicativo della situazione è il fatto che martedì sia slittata la cosiddetta «cabina di regia» (con Prodi, D'Alema, Enrico Letta, Bersani, Padoa-Schioppa e Nicolais) che avrebbe dovuto affrontare il nodo delle future liberalizzazioni, che trova la ferma opposizione della sinistra radicale.

Democratici di Sinistra e Margherita, stretti nella morsa Prodi-Prc, continuano a invocare la «fase 2», un «cambio di passo» capace di mettere in campo una politica riformista dopo la stangata della Finanziaria.

Ma tanto il Professore che Rifondazione si mostrano tiepidi di fronte a tale prospettiva e ad ogni ipotesi di cambio di marcia invocato da Fassino e Rutelli tirano il freno a mano per difendere il loro peso politico all'interno dell'Unione.

Così, quando il segretario dei Ds, nella sua intervista al Corriere, afferma che «c'è un filo rosso che lega il disagio degli operai di Mirafiori, gli artigiani di Venezia e i ricercatori universitari: non si sono sentiti riconosciuti», denuncia un arroccamento del governo su se stesso che, dal punto di vista politico, significa l'autoreferenzialità dell'asse su cui l'esecutivo si regge (Prodi-Prc) e, in prospettiva, la lenta ma inesorabile corrosione dei rapporti tra l'ala riformista e l'ala radicale dell'alleanza, con la prima costretta a svolgere un ruolo ancillare rispetto ai diktat e ai ricatti della seconda.

Una lettura, questa, confermata anche dalle parole del ministro rifondarolo Paolo Ferrero al Riformista:
«Padoa-Schioppa al ministero dell'Economia vuol dire che il quadro politico resta quello uscito dalle elezioni e prospettato dal programma dell'Unione».

Come dire: rimuovere il «prodiano» Tps dall'Economia significherebbe, per ciò stesso, rompere il patto di potere tra il Professore e il Prc su cui si regge l'esecutivo.

E' questo scenario a creare ansie, tensioni e malcontenti nei Ds e nella Margherita e a spingere Fassino a parlare di un governo «in affanno» e incapace di «condivisione delle scelte».

Un affanno che, come se non vi fossero già abbastanza problemi all'interno della maggioranza, «rende più difficile la costruzione del partito democratico».

Sono tutti politici, dunque, e vanno oltre il malcontento dell'opinione pubblica per la Finanziaria, i nodi che complicano la vita al governo Prodi.

Nodi che vanno a toccare gli stessi equilibri interni all'Unione e i rapporti tra le forze della maggioranza, e che non lasciano presagire nulla di buono, se le cose andranno avanti di questo passo, per il Professore.

E' per questo che l'ostentata soddisfazione prodiana per l'approvazione della Finanziaria rischia di essere soltanto una schiarita passeggera in un clima di tempesta e di incertezza destinata ad acuirsi.

Ed è per questo, per i problemi segnalati anche da Fassino, che il panettone che il Professore mangerà a Natale sarà, checché ne dica il presidente del Consiglio, un panettone amaro.
 
 
 
 

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