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29 agosto 2006 addio alla “politica del rigore” Padoa - Schioppa, il luminare spento “è già fallimento”.

addio alla “politica del rigore”
Padoa-Schioppa, il luminare spento “è già fallimento”.
La sinistra radicale gli impone una Finanziaria più leggera e lui cede.
Manovra da 35 miliardi, ma in due anni.


Roma - Destino amaro, quello dei “tecnici” chiamati a dare lustro a governi nascenti.

Cosi come il primo titolare della Farnesina nel Berlusconi Bis, Renato Ruggiero, portato a rassegnare le dimissioni dopo pochi mesi di governo, nel 2002, oggi Tommaso Padoa-Schioppa si trova isolato, “sottoutilizzato”, escluso dalla piena sovranità del suo mandato.

Una forma di “mobbing” verso l’illustre Professore, defilato durante l’estenuante totoministri d’aprile, in attesa di un superministero all’Economia.

Le cose, come noto, non sono andate così: il superministero non solo non è arrivato, ma è stato addirittura spacchettato e agghindato da un’ingombrante presenza, quella di un vice come Vincenzo Visco, il “signore delle tasse”, di fatto plenipotenziario alle Finanze nei corridoi di via XX Settembre.

Subito dopo, man mano che l’estate entrava nel vivo, è stato il turno della politica vera e propria.

Manovra bis, Dpef, vertici tra i partiti, ministri che tiravano la giacchetta da una parte e dall’altra.

Tutte cose a cui l’autorevole Professore, ex alto membro del board della Bce, non era abituato.

Su tutto sin dal primo momento si è stagliato il braccio di ferro con la vasta ala radicale della sinistra, con la sua nutrita pattuglia di ministri e sottosegretari, sulla cosiddetta “politica del rigore”: operare da subito tagli alla spesa sociale per rientrare dal deficit ormai sopra quota 4%, nel quadro di una finanziaria “pesante”, secondo Tps, oppure mantenere le forbici nel cassetto, chiedendo all’Unione Europea una proroga di un anno per la riduzione del debito. Un braccio di ferro che sembra concludersi a favore del “partito della spesa”: secondo indiscrezioni, infatti, il ministero dell’Economia sembra intenzionato a rivedere la sua politica, chiedendo ad Almunya uno slittamento del rientro del deficit nel 2008. Risultato?

Manovra sempre da 35 milardi di lire, ma tagli, nell’ordine dei 5 miliardi di euro per le grandi voci di spesa (sanità, enti locali, pubblico impiego e pensioni) spalmati sul prossimo biennio.

Numeri che andranno confermato giovedì prossimo, nel consiglio dei ministri nel corso del quale Padoa-Schioppa esporrà le linee guida della finanziaria.

Una linea che di fatto conferma i timori della vigilia, quelli che avevano alimentato il fuoco di una curiosa ma significativa polemica estiva.

A scatenare la polemica ci ha pensato l’editoriale sul Corriere della Sera con cui, sabato scorso, il collega e probabilmente ex amico Francesco Giavazzi accusava di fatto l’inquilino di via XX settembre di non avere il coraggio di tagliare la spesa: Romano Prodi, spiegava, «è preoccupato perchè i buoni dati sull’economia già hanno dato il là a richieste di una finanziaria “soft”.

E il ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, non aiuta quando, come in un recente dibattito con il presidente di Confindustria, ripete “non voglio sentir parlare di tagli”.

Dopo il coraggio di Bersani sulle liberalizzazioni e l’apparente efficacia di Vincenzo Visco nel convincere gli italiani a cominciare a pagare le tasse, quello che manca a questo governo è altrettanta determinazione sulla spesa».

Non si è fatta attendere a lungo la risposta di Tommaso Padoa-Schioppa che dalla Corsica, dove era in vacanza, in una e-mail a Giavazzi e altri 91 personaggi del ghota economico e accademico del paese ricordava di aver sempre «sostenuto la necessità di una forte correzione di bilancio compiuta soprattutto dal lato della spesa».

Un’operazione, scriveva Padoa-Schioppa, «ardua non intrapresa da anni o decenni.

Ma tu vuoi non riforme, ma tagli, la parola tanto amata dalla demagogia del cambiamento facile come da quella dello status quo».

Quindi, «Caro Francesco, per compiacere un tipo di pubblico che anch’io conosco bene, hai dunque commesso due falli gravi: hai alterato i fatti e presentato una analisi superficiale.

Capisco il bisogno del Corriere di riconquistare le copie perdute a favore del Giornale e di Libero, ma non che, nell’essere - forse involontariamente- partecipe di questa operazione tu metta a repentaglio la tua reputazione di onestà intellettuale e di buon economista».

Polemiche a Parte, a Tommaso Padoa-Schioppa ora tocca incassare anche le prese di posizione dei colleghi ministri, oltre che degli amici economisti.

Significativa quella di Paolo Ferrero, ministro della Solidarietà sociale: «La Finanziaria non deve essere necessariamente di 35 miliardi.

Le entrate sono un pò maggiori del previsto, il Pil è cresciuto di più, siamo nelle condizioni di non dover fare un’operazione così forte.

L’intervento potrebbe essere spalmato in due anni».

Insomma: più Pil, più entrate del fisco uguale maggiore spesa pubblica: «I tagli alla spesa non possono tradursi in una riduzione delle prestazioni sociali».

«Questa volta - ha spiegato il ministro - devono pagare quelli che non hanno mai pagato.

Bisogna puntare alla redistribuzione del reddito, sulla lotta all’elusione fiscale, sull'armonizzazione delle rendite finanziarie e sulla tassa di successione.

Le nostre richieste sono in sintonia con il programma dell’Unione.

La cosa strana - ha concluso Ferrero - sarebbe di avere una finanziaria diversa rispetto a quello che abbiamo detto in campagna elettorale».

Una maggioranza della spesa e delle tasse che, come al solito, prova a smorzare i toni quando si accorge di aver tirato troppo la corda.

In questo senso le parole del ministro del Lavoro, Cesare Damiano, anche lui intervenuto al Meeting di Rimini ad un incontro sul lavoro atipico.

«L’innalzamento dei contributi destinati al lavoro parasubordinato sarà contenuto nella prossima legge finanziaria».

Così il ministro Damiano, che poi ha aggiunto: «La proposta di innalzamento dei contributi per il lavoro parasubordinato, cioè lavoro a progetto, lavoro associato in partecipazioni nella variante fiscale delle partite Iva, è già contenuto -ha spiegato il ministro- come previsione nel documento di programmazione economico-finanziaria, accanto alla proposta di sconto fiscale per le imprese collegato al lavoro a tempo indeterminato».

Quindi, ha aggiunto, «è evidente che l’argomento sarà affrontato già nella legge finanziaria».


 
 
 
 

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